lunedì 28 giugno 2010

LA CACCA DI FALCOR


Chi si ricorda di Falcor, il gande drago bianco de "La storia infinita"?

Questo gigantesco stronzo non può essere che opera sua, pensavo.

E invece no.

Lo dice anche l'autorevole sito repubblica.it, si tratta di una scultura alta 2 metri.

L'autore, stando a quanto riporta il sito, avrebbe detto: "l'ho scelta perché la società di oggi tende a nascondere le cose sconvenienti, le rimuove. Io invece ne faccio una scultura".

Paul McCarthy ha scolpito due mega stronzi per protestare contro il capitalismo e fin qui possiamo essere d'accordo con lui, solo non capisco come una merda gigantesca possa risolvere il problema.

Forse si poteva evitare di sprecare un blocco di travertino per realizzare quest'opera inutile, infatti nonostante l'ammirevole sforzo di McCarthy il capitalismo c'è ancora.
Forse l'escremento in travertino finirà in qualche museo d'arte moderna, ammirato ed elogiato da gente che, come nella storiella "I vestiti nuovi dell' imperatore", fingerà di scorgervi profondi significati per non ammettere di vedere solo e soltanto una merda.

sabato 19 giugno 2010

PESCE-PIRLA

Avete presente la storia di quel pesce umano con la faccia da pirla? Una strana creatura rinvenuta da alcuni pescatori di un villaggio nei pressi di Rostov? Io conosco gente che ci ha creduto per davvero!
Secondo le fonti, dei non meglio identificati pescatori provenienti da un villaggio non specificato, avrebbero pescato il mostro e lo avrebbero fotografato col cellulare.
Ora, qualsiasi persona sana di mente non crederebbe mai che dei pescatori, nel bel mezzo del Mar Nero, si portino dietro dei cellulari con la fotocamera e anche se fosse non sarebbero certo in grado di produrre una foto dall’aspetto così professionale, con uno sfondo bianco e due fonti luminose simili a faretti! Cacchio sono su un peschereccio mica sullo yacht di Dolce e Gabbana!
La conferma che abbiamo a che fare con una bufala eccola qui.
Si tratta di un’opera dello scultore Juan Cabana, che ste teste ibride le vende pure.
Basta consultare il link http://www.thefeejeemermaid.com/gallery1b.htm per constatare che il tizio non è nuovo a questo genere di cose. Fanno infatti parte della sua produzione altre creature bizzarre come mummie-sirene, uomini-granchio e addirittura un alieno.

venerdì 18 giugno 2010

MORIRE UN PO' A SATURO...

Se l’inferno esiste io l’ho visto in Terra.

È Saturo con 40 gradi all’ombra (ombra che non c’è)…

Arrivarci in pullman è stato come un viaggio della speranza, l’aria consumata, la gente accalcata, decine di adolescenti in pieno rush ormonale che emettono odori e suoni entrambi troppo intensi.
Qualcuno ha accusato un malore, forse un calo di pressione. Dopo cinque minuti la voglia di fuggire mi assale ma sono incastrata come un mattone in un muro a secco. Cerco di mantenere la calma nonostante la temperatura continui a salire. Penso che di lì a poco sublimerò e, forse per il desiderio che quello strazio finisca al più presto, il viaggio mi sembra eterno. Non si arriva mai. Il pullman procede lento e sovraccarico di noi passeggeri, uno più sudato dell’altro, fermandosi tante volte quante sono le fermate e poi ripartendo più lento di prima. Un’infinità di piccoli minimarket si susseguono a campagne brulle, poi cassonetti, palazzi bassi, strade arroventate dal sole.
A me è sembrata un’ora, alla persona che mi accompagnava è sembrata mezz’ora. Non lo so, se facciamo una media possiamo dire che si è trattato di tre quarti d’ora, ad ogni modo ogni minuto pesava come un macigno.

Finalmente arriviamo, scendono tutti in massa, li seguo perché non so dove andare, erano secoli che non prendevo più il pullman per andare lì. Scopro che la strada è cambiata, adesso per scendere non bisogna più fare le scale, ma attraversare una specie di trincea tra sterpaglie e immondizia. Una viuzza larga (o meglio stretta) tra i 70 e gli 80 cm. Dopo questo percorso, con le gambe irritate dalle erbacce, con le carni madide di sudore, arriviamo in spiaggia.

La sabbia emana un calore infernale, ad ogni passo bruciano le piote. Sistemiamo l’asciugamano e ci avviamo verso l’acqua a cercare refrigerio. Anche per godere del sacrosanto diritto di bagnarci, dobbiamo attraversare una selva di ombrelloni ed asciugamani, tutti sistemati ad incastro. Come i vietcong ci facciamo strada nell’intricato labirinto di bambini che mangiano le patatine, signore attempate che giocano a carte, donne cosparse di olio che prendono il sole con lo slip infilato tra le chiappe.

Arriviamo in acqua disperate. Cerco un posto al riparo dal fuoco dei super santos, quei palloni arancioni di gomma che si usano in spiaggia. Ne arrivavano da tutte le direzioni e, dietro di loro, gruppi di ragazzoni che si affannavano a rincorrerli. I bambini e gli anziani, come se il caldo non li toccasse, se ne stanno sul bagnasciuga. I bambini giocano. Le nonne, color terra di Siena, marroni e traslucide, piene di olio abbronzante, stanno ferme lì coi raggi del sole in perpendicolo senza fare una piega, scure di pelle come talebani. Giugno non è neppure arrivato a metà e loro sono già abbronzatissime, ma come diavolo fanno?